venerdì 17 dicembre 2010

IO CREDO CHE LA FOTOGRAFIA DI LUCA VADA ALTROVE

Io credo che la fotografia di Luca vada altrove. Non oltre, altrove.
Ricordo le prime volte che vedevo le sue fotografie e rimanevo interdetto. A chi non lo conosce, ma soprattutto a chi non ha strumenti un po' piu' raffinati di quelli base, le fotografie di Rubbi possono sembrare "tout d'abord" delle foto disordinate di donne brutte.
Del resto allo stesso modo certi quadri di Chagall possono sembrare "i disegni de' regazzini " o le tele di Mondrian delle prove di colore di un imbianchino-geometra.
Non parliamo di certa roba, per stare in fotografia, di Witkin, o dell'ultimo Robert Frank, per dire di un autore molto caro al Rubbi..
Tra i mille insegnamenti che la fotografia mi ha impartito in un ventennio ce n'e' uno, fondamentale, sulla necessita' di giudicare la statura di un fotografo dal totale della sua opera, dalla coerenza stilistica oltre che dalla cifra tecnica (sempre necessaria e ancor piu' nel momento in cui la si vuole superare per lasciarsela alle spalle).
Sacrosanto.
Salgado, per dire stavolta di un autore universalmente noto e comprensibile, negli anni ha avuto una parabola molto acuta: partito con "An Uncertain Grace" ad un ottimo livello, lirico, ispirato e toccante, ha raggiunto il picco con "La Mano dell' Uomo" all'interno del quale si notano pero' gia' i primi segni di cedimento nell'ispirazione, che come sempre lascia spazio al mestiere, per poi cominciare a scendere con "In Cammino" e non parliamo della performance di Parma, da dimenticare.
Altri fotografi hanno mantenuto invece cifre piu' costanti (Bresson, Smith, Doisneau, Boubat) altri hanno tenuto una bella costanza con un acuto straordinario (penso a Koudelka e Exils), altri hanno fatto il loro lavoro da "mediano" (la parola è la mia) della fotografia (Gardin, Scianna) con grandissima costanza e lavoro di polmoni, senza acuti che salissero con foga mistica sull'Olimpo della Fotografia.

Nel caso di Rubbi, al passare dei mesi, mi sono trovato a costruire dentro di me una unica idea generale, alla quale partecipava ognuna delle sue fotografie, che aveva una sua coerenza e una sua precisa collocazione. Fu una specie di illuminazione, che mi diede la chiave di lettura (attenzione la MIA chiave per la MIA lettura) delle sue immagini.
E siccome ognuno di noi le sue chiavi se le cerca dentro, attingendo come può al proprio vissuto, alla propria cultura scolastica e non, eccetera, a me e' venuto in mente un nome: Charles Bukowski.
E per me la fotografia di Rubbi ha la stessa caparbia, volontaria, talentosa, autodistruttiva FALSA (perche' ricercata) casualita' dello scrivere di Bukowski.
Rubbi fotografa senza maiuscole e senza virgole, cosi come scriveva Bukowski, spiazzando il lettore delle sue immagini e cosi facendo disgregando in lui i vecchi codici precostituiti e obbligandolo a mettersi in gioco.
Non vi piace la sua fotografia ? Bene ! Chiedetevi: ma come puo' un uomo di quella cultura, apertura, onesta', educazione visuale (e' architetto) fare fotografie COSI BRUTTE ?
Chiedetevelo, senza paura.
Poi, siccome siete persone intelligenti e sensibili, chiedetevi se non siete voi che non vedete il punctum, se vi sembra che non ci sia lo studium…
E in questo momento Luca ha gia' vinto la sua partita con se stesso, perche' vi ha guidato in un terreno sconosciuto, senza i vostri soliti riferimenti, senza virgole ne' due punti, tanto meno punti-e-a-capo. Siete soli con voi stessi e le vostre percezioni e costretti, costretti, a fare i conti con l'immagine e non con quello che vi aspettate dall'immagine.

Breve excursus: quando ero fotografo naturalista odiavo l'Enel e chi metteva i tralicci, i cui cavi rovinavano le mie foto di paesaggio che rinunciavo a scattare. E a Marrakesh non ho scattato fotografie di certe stradine del suk perche' qui e la c'erano appesi gli zainetti con i personaggi stronzi dei cartoni giapponesi.
In entrambi i casi, la realta' non si piegava umilmente (ma che cattiva!) a confortare la mia idea preconcetta della realta' stessa. E io, massima presunzione, non scattavo, rifiutando cosi il confronto e la presa di coscienza del mondo che cambia.

Dunque Luca squinterna gli scaffali ordinati della NOSTRA visione delle cose (e in particolare molto spesso del corpo femminile) e ci costringe a dure prese d'atto, abbiamo detto, ma prese d'atto di cosa ?
Cosa c'è da vedere di diverso da quello che vorremmo ?
Perche' il punto centrale e' questo. COME lui fotografa lo vediamo tutti: il nudo con la sportina di plastica sparata li, in un angolo e neanche tanto in un angolo, una gamba storta, una mano fuori fuoco che entra nell'inquadratura, un rotolo di carta igienica candido e squillante sullo sfondo, una lavatrice fatta ad equilibrare il volume di una schiena torta e quindi piena di pieghe.
PERCHE', Luca ?
Ecco il mio, di perchè : perchè questa, signori, e' la vita, questa e' la donna, e la bellezza della donna, che sa, in questa collezione imperante di prosaicita' che e' il vivere, in questa marea di fatti, cose, avvenimenti, intersezioni che ci ricordano come noi si stia cavalcando l'onda di una esistenza che comunque ci porta dove vuole lei, questa donna forte, la stessa che sta al fianco di ognuno di noi, e quella che incontreremo domani e diventera' la nostra amante, e la moglie di nostro figlio, e quella del nostro amico; questa donna sa conservare il suo corpo e l'interiorita' che esso nasconde, come un piccolo fuoco di braci, nulla di piu' che un piccolo calore, per donarlo in un momento privilegiato per quanto scientemente e inarrestabilmente fugace, alla persona accanto a lei che lo vuole ricevere.
E' una donna non bella, come non lo e' il suo compagno, non perfetta PERCHE' PROPRIO NON PUO' ESSERLO, perche' il suo compagno e' senza capelli, o con lo stomaco prominente, o e' un pigliainculo sul lavoro, e via cosi'.
Donne normali, vere, anni luce lontane dal silicone. Donne che sanno di disperazione anche se disperate davvero non sono, perche' i più di noi conducono vite di "tranquilla disperazione" come diceva Henry David Thoreau, tra (lo dico io) sportine di plastica e sabati pomeriggio al centro commerciale, venendone a casa con un DVD da guardare tutti insieme in famiglia e va bene cosi che almeno c'è la salute.
A me le donne di Rubbi piacciono, ma io sono così di mio: mai piaciute le ragazzine di pelle e seni perfetti, ma ho amato Jaqueline Bisset quarantenne struccata in "Ricche e Famose", Caterine Deneuve tardona impenitente in "Indocina", Susan Sarandon in tutto quello che fa.

Mi piacciono tutte le fotografie di Luca Rubbi? Certamente no.
Ce n'e' qualcuna che non mi dice niente ? Si, certo.
Ma, gente, secondo me quest'uomo fotografa la vita, quella vera di tutti i giorni, e lo fa attraverso il suo perno universale: la donna, e facendo questo diventa il Fotografo della Vita.
Proprio come Bukowski.


Raffaele Bartoli






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